Idroviaggio a Rio Conco

DI LAURA COSTA E ROBERTO RISI

Il mistero avvolge Rio Conco. Una domenica mattina gli Idronauti Laura, Roberto e Michele, incontrano Corrado Cattabriga. L’appenino è pieno di persone che amano e custodiscono le storie di questo territorio. Corrado è uno di loro. In questa domenica è lui la nostra guida. Ci conduce all’anfiteatro di Rio Conco. Risalendo il corso d’acqua imbrigliato dall’uomo e dalla natura, arriviamo in una radura circondata da una parete di argilla e arenaria in cui si apre un’entrata: il “troppo pieno” dell’antico acquedotto romano che ancora porta acqua alla città di Bologna. Dalla galleria esce un rigagnolo, ha una strana colorazione con un odore intenso. Irresistibile è la curiosità di entrarci e di assaggiare l’acqua.

Acquedotto romano

L’acquedotto romano di Bologna risale al I sec a.C. e porta l’acqua del fiume Setta in città. E’ lungo 18 km intervallati da pozzi che ne costituiscono le aperture. Furono utilizzate per scavarlo e costituiscono un sistema di “troppo pieno” che consente di scaricare all’esterno gli eccessi di acqua. Fu scavato a colpi di piccone. In alcuni tratti la volta è più alta, in altri più bassa. Si dice che ciò fosse dovuto alla differenza di altezza degli uomini che lo hanno scavato. Più bassi i tratti scavati da schiavi di popoli mediterranei, più alti quelli costruiti da schiavi germanici. Un lavoro imponente, durato oltre dieci anni, ma fatto ad arte. Infatti è utilizzato ancora dopo oltre duemila anni. Infatti, dopo l’abbandono durante il Medio Evo, nel1861 fu riattivato e da allora è di nuovo al servizio della città.

Acque

I romani, grandi esperti di acque, avevano ritenuto quella del fiume Setta di buona qualità, perché pura e poco calcarea preferendola a quella del Reno per rifornire la città di Bononia. Queste ultime erano considerate malsane perché il Reno all’epoca attraversava zone paludose. L’imponente lavoro testimonia l’attenzione e la cura che avevano i nostri antenati nelle forniture idriche per i propri cittadini.

L’acqua che troviamo nel tunnel, invece è drenata dalla montagna. Attraversando filoni di zolfo e ferro, ne assume il colore, il gusto e l’odore. E’ un’acqua di tipo solforoso-ferruginoso. Questo tipo di acque sono consigliate per riattivare le funzioni digestive, depurare il fegato e i reni, guarire le malattie della pelle e le infezioni ginecologiche.

Scavi etruschi di Rio Conco

Nello stesso sito sono presenti anche altre strutture dall’aspetto misterioso. Sono cavità scavate nella roccia con numerose aperture che si affacciano nella piccola vallata. La loro esposizione è verso Sud, per ricevere tutta la luce solare possibile. Per trovarle, però, abbiamo chiesto aiuto a Fabio Righi dell’associazione ARCA Appennino bolognese, un altro appassionato custode e scopritore di questo territorio. Per questo siamo tornati sul luogo alla loro ricerca un’altra domenica.

Salendo lungo un irto pendio, lottando con i rovi e cercando di non scivolare, le abbiamo viste, finalmente. Una serie di grotte scavate nella roccia, con ampie entrate che portano luce al loro interno.

La loro storia è ancora sconosciuta. Si ipotizza che siano state scavate dagli Etruschi come tombe. La nostra impressione è di altra natura. Le suggestioni che abbiamo ricevuto ci hanno parlato di riti sacri, meditazioni e luoghi di ritiro. Aldilà di quale sia la verità, il sito ci ha affascinato e portato in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio. La luce che le illumina, anche in una giornata invernale, è calda e penetrante. La forma ad elle delle grotte è particolarmente accogliente e le divide in una parte di luce e un’altra di ombra. Non sono tutte uguali, cambiano per dimensioni e aperture. Anche la sensazione che danno al visitatore è differente, in una sembra di essere inghiottiti dalla montagna, in altre ci si sente in gioiosa apertura verso il mondo.

Grati

Anche stavolta gli Idroviaggi ci hanno regalato emozioni e conoscenze. Ci hanno fatto incontrare persone generose che hanno condiviso con noi i segreti di questo affascinante territorio che è l’Appennino bolognese. In giro con Fabio Righi abbiamo anche scoperto un’altra fonte di acqua “puzzona”, cioè sulfurea, nella zona di Vado e la Piccionaia romana di Badolo. Il viaggio stesso è stato un’immersione nella storia e nella Natura di questi posti. Il nostro ruolo è quello di raccontarli a tutti gli appassionati e quindi realizzare quanto prima dei tour per visitarli.