Che cos’è un sogno

Il sogno è una forma innata di sapere, spazio di rivelazione del “conosciuto non pensato” (C. Bollas): è una fucina sempre attiva dove i dati dell’esperienza della realtà e le immagini della Psiche si ricombinano e giocano tra di loro, secondo regole e codici che ci appaiono indecifrabili. Il sognare è (anche) prosecuzione notturna dell’attività mentale che si avvale di un linguaggio fatto di simboli e metafore, dominato dalle immagini. E’ un pensare -e quindi rappresentare se stessi e il mondo- laterale e divergente, caratterizzato da un approccio più olistico rispetto al pensare della veglia (con cui però si imparenta nel sogno ad occhi aperti).

Nel sogno i confini esistono ancora e la realtà può risultare familiare, ma a volte quasi solo per rendere manifesto il processo della transizione, dell’interscambiabilità e dell’alterità in noi. Quando quei rassicuranti contorni divengono improvvisamente linee mobili e libere, si creano nuovi mondi, nuovi modi di sentire, pensare e agire.

Le donne e gli uomini di medicina (antichi e moderni), i ricercatori spirituali, artisti e studiosi e inventori di ogni genere, hanno trovato spesso nella visione onirica la diagnosi, la luce, l’angolatura giusta e la domanda che reca in sé la risposta. Come se nel sogno il dialogo con una matrice intelligente permettesse di accedere ad una forma di conoscenza superiore (come capacità di visione e di integrazione) a quella della veglia.

Nel sogno i confini esistono ancora e la realtà può risultare familiare, ma a volte quasi solo per rendere manifesto il processo della transizione, dell’interscambiabilità e dell’alterità in noi. Quando quei rassicuranti contorni divengono improvvisamente linee mobili e libere, si creano nuovi mondi, nuovi modi di sentire, pensare e agire.

L’onirico è un mondo in cui letteralmente precipitiamo, come Alice nella tana del Bianconiglio: mentre siamo ancora alle prese con le immagini che si mescolano e cercano un’ultima collocazione, le “evanescenze” del giorno (T. Nathan), varchiamo senza coscienza la soglia della notte. Morpheus sfiora le nostre palpebre di dormienti con un mazzo di papaveri…e all’improvviso il sogno, in cui tutto è “biochimicamente vero”, esperienza reale tanto per il corpo quanto per la psiche e i cui ricordi rimangono conservati nella memoria autobiografica come un qualsiasi altro evento della vita.

Sul sogno e sul sognare esistono fin dall’antichità una vasta letteratura e diverse ritualità, testimonianze della ricerca, dell’utilizzo pratico e della grande considerazione che spontaneamente le culture di ogni parte del mondo hanno attribuito al sogno, un fenomeno che Jung definì:

  • naturale
  • non intenzionale, esattamente come lo sono tutti gli eventi della Natura
  • non spiegabile con una psicologia dedotta dalla coscienza
  • determinato tipo di funzionamento che non dipende dalla volontà, dai desideri, intenzioni o mete dell’Io umano.

Il linguaggio onirico si avvale spesso di un codice narrativo somatico e spaziale, piuttosto che di quello verbale:

  • si articola su movimenti, posizioni e gestualità
  • si affida al corpo e a come esso abita lo spazio
  • è canale dei “processi d’organo”: descrive le condizioni psicofisiologiche in termini simbolici.

In virtù della sua dimensione polivalente di fronte al sogno è necessario lasciarsi impressionare come pellicole, procedendo senza pregiudizi, certezze e improprie o intempestive attribuzioni di significato. Ogni traduzione standardizzata e conchiusa ne tradirebbe senz’altro la complessità e l’estensione semantica: nelle produzioni simboliche con cui la psiche si costruisce e manifesta è segnata la via che conduce a “diventare ciò che si è” (Pindaro).

Il sogno reca in sè la natura di ciò che è ignoto e imprevedibile: è evento che nasce e conduce nelle profondità infere di ciascuno di noi, è la nostra nekya quotidiana. Sia all’andata che al ritorno sigilliamo il ricordo del mondo che abbiamo appena lasciato, come le anime -nel mito platonico di Er- si abbeverano alle acque dell’oblio del fiume Lete prima di tornare ad incarnarsi. Mnemosine, personificazione della memoria, è la divinità-archetipo che permette di “riconoscere” nella realtà della veglia ciò che abbiamo già visto e vissuto nella dimensione onirica.

Marta Giovannini